
Sono tanti i cervelli italiani in fuga. Ricercatori, dottorandi, laureati che frequentano master e specializzazioni post-laurea. Più che i numeri sono le storie a raccontare questo esodo che, di anno in anno, assume dimensioni sempre più consistenti. Nel suo articolo di due giorni fa, il premio Nobel per la Medicina, Renato Dulbecco, scriveva: "Chi vuol fare ricerca se ne va, oggi come ieri, per gli stessi motivi. Perché non c'è sbocco di carriere, perché non ci sono stipendi adeguati, né ci sono fondi per le ricerche e le porte degli (ottimi) centri di ricerca sono sbarrate perché manca, oltre ai finanziamenti, l'organizzazione per accogliere nuovi gruppi e sviluppare nuove idee".
Dove è finita l'Italia dove sono nate le più grandi menti della storia? Dove è finito lo stato che dovrebbe valorizzare i propri cittadini?
Io penso che l'Italia sia caduta veramente in basso, soprattutto in questo ultimo periodo; che sia diventata uno stato dove i fondi e i risparmi dei cittadini vengono usati principalmente per facilitare la vita a pochi (come ai ministri) invece di essere investiti, per esempio, nella ricerca. Ciò gioverebbe a molte più persone e i ricercatori non andrebbero all'estero per continuare gli studi. Fra tutti i ricercatori chiamati in causa per discutere della loro scelta, ovvero per spiegare il perchè abbiano deciso di lasciare l'Italia, una di loro ha detto: "In Italia non torno e non tanto per quei 1000 euro al mese, che mortificano più il frigorifero che l'orgoglio, ma perché l'Italia é un paese che non si merita più né la mia forza, né la mia passione, e tanto meno la ricchezza delle cose che faccio. Perché se fino a qualche anno fa era l'Italia a non credere in me, adesso sono io che non credo più all'Italia". Come si fa davanti ad uno Stato del genere, che sminuisce a tal punto i suoi cittadini, a non essere d'accordo con le scelte di questi studiosi?
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